La storia dei villaggi svizzeri "sospesi" sull'acqua
Ecco come le palafitte
sono diventate un mito
ANDREA STERN
C’è chi parla di "mito dei popoli lacustri". Perché contrariamente a quanto si credeva le loro palafitte non erano costruite sui laghi, bensì su rive che in seguito sono state inondate dalle acque. Erano quindi persone saldamente ancorate alla terraferma. E le loro costruzioni continuano ad affascinare. Ancora oggi, nel decimo anniversario dell’iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’Unesco di 111 siti palafitticoli dell’arco alpino, di cui la metà in Svizzera.
La scoperta delle palafitte risale all’inverno tra il 1853 e il 1854. Un inverno eccezionalmente secco, durante il quale il lago di Zurigo scese a livelli mai visti. Il comune di Meilen ne approfittò per avviare i lavori di costruzione di un nuovo porto. Fu allora che gli operai scoprirono sui fondali degli oggetti insoliti. Pali, utensili in pietra, cocci di argilla, ossa...
Gli operai consegnarono il tutto al maestro del villaggio, il quale chiamò a consulto il direttore della Società degli antiquari di Zurigo, Ferdinand Keller. Questi attribuì l’origine degli oggetti a un antico insediamento lacustre precedente all’epoca romana. Ispirandosi ai racconti provenienti dall’Asia, ipotizzò che il villaggio fosse stato costruito su una piattaforma sovrastante le acque.
Fu l’inizio di vaste ricerche archeologiche in tutta la Svizzera. Fu il periodo della "febbre delle palafitte". Persino alcuni pescatori misero da parte le loro reti per dedicarsi alla ricerca di oggetti preistorici. Ci furono artigiani che si misero a fabbricare falsi reperti, obbligando le autorità a intervenire e regolamentare la ricerca archeologica.
Ad ogni modo nel giro di pochi anni vennero alla luce decine di siti palafitticoli disseminati in tutta la Svizzera. Come pure in altri Paesi dell’arco alpino, contagiati a loro volta dalla passione per quei misteriosi villaggi riemersi dal passato.
Per gli storici fu una manna dal cielo. Perché grazie alle elevate proprietà di conservazione dell’acqua furono ritrovati reperti di una qualità eccezionale. Non soltanto oggetti di metallo o pietra ma persino utensili in legno o generi alimentari come nocciole, mele secche o spezie. Per la prima volta fu possibile ricostruire con una certa precisione lo stile di vita durante il Neolitico.
I popoli lacustri entrarono nella leggenda popolare. Scrittori e pittori contribuirono ad alimentare la fierezza per questi antenati elvetici che avevano avuto il coraggio di costruire i propri villaggi sull’acqua. È solo negli ultimi decenni che l’interpretazione del signor Keller è stata rimessa in discussione. In particolare dopo che sono state rinvenute palafitte in luoghi che molto difficilmente in passato avrebbero potuto trovarsi sull’acqua.
Oggi gli storici sono concordi nel ritenere che i siti palafitticoli fossero costruiti sulla terraferma. Semplicemente, le case venivano sopraelevate per ripararle dalle esondazioni e dagli innalzamenti stagionali delle acque. "Immaginate che oggi vi sia una catastrofe - ha detto l’archeologo Marc-Antoine Kaeser - e che solo gli appartamenti a partire dal terzo piano siano risparmiati. Parlare di una cultura del terzo piano non avrebbe senso".
Ciò non toglie che i siti palafitticoli siano un’incredibile testimonianza della vita dall’era neolitica all’età del bronzo. Come lo dimostra il loro inserimento nel Patrimonio mondiale dell’Unesco, avvenuto nel 2011, esattamente dieci anni fa.
a.s.
27.03.2021