Isabelle Huppert
"Almeno sul palco
posso essere cattiva"
MARINA CAPPA
Minutissima. La pelle di un bianco assoluto, su cui spiccano i rossi: dei capelli, del rossetto forte, delle unghie ancora più scure. Isabelle Huppert è donna di contrasti. Dal vivo, e quando recita. Come nell’ultimo Mary Said What She Said di Bob Wilson, per il Théâtre de la Ville in coproduzione con il Teatro della Pergola di Firenze: con quell’abito rigido, dove gli unici movimenti della sua Maria Stuarda sono quelli delle braccia e della bocca, riempie da sola tutta la scena.
Di persona, Madame Huppert è una signora elegante e dai movimenti rarefatti, molto composti. Nei suoi (inimmaginabili, se non per una filmografia lunghissima, cominciata nel 1971) 67 anni percepisci anche una fragilità. Ma solo fisica. Perché come carattere e modo di porsi è acciaio puro, in lega, con sorrisi a bocca stretta e rossetto serrato. Le chiedi se a lei, che al cinema ha interpretato oltre cento film - vincendo due volte come miglior attrice al Festival di Cannes e altrettante alla Mostra di Venezia - e che in teatro ha lavorato ora per la terza volta con Wilson (dopo Orlando e Quartett), cambi qualcosa recitare per l’uno o per l’altro mezzo, risponde serafica: "Non faccio differenze fra cinema e teatro", sintetizza. Poi, accorgendosi che la risposta potrebbe essere un po’ più articolata, aggiunge che "sì, il teatro è più astrazione, ma io mi considero un’attrice tout court, senza distinzioni".
Isabelle Huppert ama molto la musica. Non a caso, si è diplomata al Conservatorio e benché "nella vita non mi metto più a suonare", il pianoforte spesso compare nei suoi film. Anche in versione malvagia, da La pianista di Michael Haneke al recente Greta, horror con accompagnamento al piano. In Mary Said What She Said, che si avvale delle belle composizioni di Ludovico Einaudi, la musica è anche nella voce della grande attrice, che diventa "una scultura sonora, a partire dalle parole, come una partitura musicale".
Il tono con cui Isabelle parla è composto, proprio come lei, rappreso. Eppure, quel rosso che tinge i suoi bianchi ha dentro del fuoco. Altrimenti, come capire la passione per personaggi il più delle volte cattivi, se non assassine come in Violette Nozière? "Mi capita di uccidere quando recito, ma la finzione è utile anche per questo: sei libero di essere una persona negativa, senza dover pensare di farlo nella realtà", spiega. E così al cinema continuerà con i suoi personaggi negativi. Anche se all’ultimo Festival di Cannes si è concessa a Frankie, attrice moribonda, la ritroveremo infatti nei panni della matrigna di Biancaneve.
In ogni caso, la forza di Madame è tale che spesso i titoli dei film sono il nome del personaggio che lei interpreta. Così anche Maria Stuarda, la regina che sta per essere decapitata e che, ricorda, "avevo già affrontato a Londra, nella tragedia di Schiller che immagina il confronto fra lei ed Elisabetta". Ma questa volta chiaramente la sintonia è maggiore. L’algida Huppert nei confronti di Bob Wilson infatti si scioglie in toni di affetto e ammirazione: "Nel mio lavoro con lui avverto la potenza della dialettica fra l’essere costretta in regole rigide e la libertà di esprimermi. Fra noi c’è un accordo perfetto".
Forse, però, a questo punto Isabelle pensa di aver detto abbastanza. Così sorride, inforca gli occhialoni scuri e si allontana con grazia.
16.02.2020