A Casa Rusca duecento opere firmate da Mario Botta
L'architetto del sacro
che riscopre il silenzio
RUDY CHIAPPINI DIRETTORE SERVIZI CULTURALI LOCARNO
Gli spazi della Pinacoteca comunale Casa Rusca di Locarno ospitano per la prima volta in assoluto, in modo organico, cronologico e completo, tutta l’architettura sacra di Mario Botta.
Una tipologia cara all’architetto ticinese che, in tanti anni di attività, ha avuto diverse occasioni di confrontarsi con la dimensione del sacro, tanto da giungere ad affermare che proprio attraverso gli edifici di culto ha avuto l’impressione di aver individuato le radici profonde dell’architettura stessa.
Il tema del sacro è infatti universale, oltrepassa le confessioni per raggiungere una dimensione spirituale. Nelle sue chiese così come nelle sinagoghe e nelle moschee costruite in tutte le parti del mondo dalla Svizzera alla Francia, dall’Ucraina a Israele alla Cina i concetti di gravità,
La mostra, promossa in occasione dei 75 anni di Mario Botta, presenta tutti i 22 edifici realizzati dall’architetto ticinese sull’arco di oltre di mezzo secolo a iniziare dalla Chiesa di Mogno progettata negli anni Ottanta tra le inevitabili polemiche locali, passando per l’imponente Cattedrale della Resurrezione di Evry, per la Basilica di Namyang in Corea del Sud fino alla suggestiva Mosche di Yinchuan, attualmente in costruzione in Cina.
Tutti i progetti sono documentati da modelli originali in scala, veri e propri gioielli, da schizzi e disegni che illustrano il procedere ideativo de Botta e da suggestive gigantografie che consentono di apprezzare in modo unico e privilegiato significativi dettagli delle sue realizzazioni.
Per l’occasione Botta ha inoltre appositamente ideato nel giardino del museo un sontuoso e quasi sacrale padiglione in legno argentato, prologo alla mostra, che presenta in una straordinaria sequenza tutti i suoi edifici introducendo il visitatore nella spazio della memoria e dello spirito.
Le oltre 200 opere esposte consentono di apprezzare appieno l’affascinante e intimo confronto di Botta con il sacro e di scoprire come la sua architettura viva di silenzi, di profili, di linee accarezzate dalla luce, come trovi solidi riferimenti in forme chiare e rigorose. Il suo processo creativo nasce dalla sintesi tra memoria collettiva e vissuto personale, dal ricupero di temi classici declinati al presente per dare vita a luoghi di culto del contemporaneo.
Lo spazio del sacro emerge con forza come ricerca di immagine identitaria, pur nelle storiche diversità di culto e di storia delle tre religioni monoteiste. La sua non è un’architettura dell’ovvio, dell’ossequio alle convenzioni dell’intrecciarsi di linee concave o convesse. È l’architettura della profondità, dell’introspezione, della radiosità, dell’emozione di chi, in una società secolarizzata come la nostra e pur nelle contraddizioni del vivere quotidiano ambisce a trovare uno spazio di silenzio, di meditazione e di preghiera; di chi, attraverso forme evocative, è alla ricerca di una dimensione spirituale.
25.03.2018